RACCONTI 4 - L'isola imperfetta dove però tutto funziona
(ITALIAN ONLY) --------------
Akdara
non era la città più grande di G. - veniva al terzo posto, per numero di
abitanti, dopo la capitale Ualmedina e dopo Porto San James - ma governava la
provincia più estesa. Il suo territorio andava dalla Baia Alshams, a sud, fino
ad abbracciare tre quarti del vulcano all’estremità opposta dell’isola, dalla
pianura coltivata fino alla grande montagna, passando per gli antichi crateri
spenti dei Monti Oscuri. L’abitato di Akdara sorgeva proprio a ridosso di quei
crateri, tra boschi secolari di querce, faggi, cedri e pini. Una “città verde”,
come il suo nome arabo (akhdar) lasciava capire. Una città romantica e colta, centro di
studiosi, artisti, scienziati e amanti della natura.
Yusef
Lauria aveva sempre saputo che un giorno sarebbe vissuto lì.
Lo
aveva sentito dentro di sé fin dalla prima volta che l’aveva visitata, durante
una gita scolastica alle elementari. Molti anni dopo, quella “sensazione” era
diventata finalmente realtà quando, insieme a sua moglie Elizabeth, aveva
comprato quella casetta nel cuore di un tranquillo quartiere panoramico, a dieci
minuti di passeggiata dal centro.
Non
sapeva spiegare cosa lo legasse così tanto a quel luogo … e perché!
Forse
il vulcano. O le rocce, i panorami … .
Lui
aveva viaggiato, in passato, e viaggiava ancora oggi di tanto in tanto; aveva
visto alcune delle più belle città europee, era stato anche a Rabat, in
Marocco, a Tunisi e a Gerusalemme, ma …
quando tornava ad Akdara, l’emozione gli incendiava il petto come la primissima
volta. Mentre guidava lungo la Strada Statale Interna, vedendo i tetti, i
palazzi e i campanili emergere dai boschi, con i Monti Oscuri a far loro da
corona intorno e la cima fumante del Gebel al Nur a dominare tutto, sospirava
felice. Eccola, la sua città! Non
avrebbe voluto vivere in nessun altro posto del mondo.
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L’inverno
sull'isola di G. arrivava solitamente insieme ai venti freddi dell’Atlantico del
nord, quando questi, in gennaio, riuscivano a violare lo stretto di Gibilterra
e la costa spagnola trasformandosi in Tramontana o in Maestrale. Risadà (dall’arabo rih sawdah, vento nero) era il termine che descriveva queste
correnti d’aria nella lingua locale; insieme ad esse, infatti, arrivavano quasi
sempre le nuvole scure dei temporali. G. era la prima isola del
Mediterraneo ad assaggiare la violenza della bassa pressione, la prima ad
essere lavata dalle piogge e accarezzata dalle brevi nevicate che imbiancavano,
per pochi giorni soltanto, i fianchi del vulcano Gebel al Nur. Qualche volta la
neve si spingeva appena un po’ più giù e allora i tetti di Akdara, il capoluogo
più alto, si riempivano di una bianca e scintillante magia.
Julian Donald si strinse nel giubbotto, tirando su la cerniera del bavero fino al naso, mentre con una mano posava due valigie nel bagagliaio dell’autobus Interisola. Quel pomeriggio, appena messo piede fuori dall’Aeroporto Internazionale - non lontano da Porto San James - aveva subito capito di essere arrivato a G. insieme all’inverno. Forse non tanto freddo da far nevicare ad Akdara, certamente non gelido come gli inverni inglesi, ma … un inverno di tutto rispetto per quell’angolo di Mediterraneo!
Non aveva avvisato
nessuno del suo arrivo, stavolta. Perché … be’, perché era meglio così.
Mentre saliva sull’autobus lanciò un’occhiata alle bandiere dell’isola, appese come dei festoni sopra l’ingresso del terminal … piccoli rettangoli vibranti formati da una fascia azzurra in alto e una marrone in basso con in mezzo il simbolo del vulcano, un triangolo rosso … e si ricordò che la Festa Nazionale del Primus era stata celebrata appena due giorni prima.
Sorrise e si accomodò sul sedile in terza fila, accanto al finestrino. Quella era la festa preferita di Lucy … chissà con quali strani pezzi di roccia aveva creato la sua “bandiera presidenziale”, quell’anno! Glielo avrebbe chiesto. Era anche la festa preferita della sua compagna (sì, ancora la chiamava così!) … o almeno lo era un tempo. Quando erano felici insieme. Vivere una relazione così intensa con una donna di G. gli aveva permesso di conoscere meglio quella terra, di amarla di più, di sentirla veramente casa sua, anche se da lontano. E gli aveva permesso di scoprire quei difetti che inizialmente sembrava non avere. Capire che non era affatto perfetta - l’isola, ma pure la sua compagna - era stata una prova dura da accettare. E da superare.
L’autobus partì, costeggiando per alcuni chilometri il letto del torrente Lasko … irrequieto come sempre … prima di imboccare il ponte e la serie di rotonde che immettevano infine nella Strada Veloce Interna, direzione Akdara e Vulcano Gebel al Nur. Alla terza rotonda furono costretti a fare una lunga fila a causa di un incidente. A proposito di “imperfezioni” … Julian aveva imparato, ormai, che gli incidenti stradali dovuti all’alta velocità erano - insieme alle risse - i crimini più diffusi sull’isola di G. Se “crimini” si potevano definire! Non mancavano le rapine e i furti, così come anche qualche caso di corruzione e qualche omicidio non intenzionale, però sempre sotto controllo e puniti molto severamente. Erano rari, invece, gli omicidi dettati dalla pura crudeltà e i reati sessuali. I delinquenti erano quasi sempre stranieri - turisti o persone di passaggio per lo più! - oppure gente dell'isola che si era “rovinata” dopo esperienze di vita all’estero. Anche lei, la sua compagna … Nadja … era cambiata totalmente, da quando era venuta a vivere con lui, a Londra. Non era diventata una criminale, certo, ma aveva comunque “ucciso” l’immagine meravigliosa che lui aveva della gente dell’isola.
Julian
sospirò. Come aveva potuto…?
Guardò la scena dell’incidente, fuori dal finestrino. Accanto all’auto ammaccata e alla motocicletta distrutta per terra, erano fermi i mezzi della polizia e due ambulanze. I forestieri restavano sempre perplessi, sulle prime, quando scoprivano che a G. c’erano solo due ospedali!
In realtà il sistema
sanitario dell’isola era complesso e ruotava, sì, intorno a due grosse
strutture principali (Ospedale della Misericordia di Akdara e Ospedale
Policlinico San Giuseppe di Ualmedina), talmente estese da essere in realtà due
“cittadelle”, ma l’assistenza medica era - al contrario - diffusa in modo
capillare sul territorio. I due ospedali nazionali avevano decine di succursali
minori, in provincia, che pur avendo altri nomi facevano riferimento, per mezzi
e competenze, o alla Misericordia o al San Giuseppe. C’erano poi centri di cura
privati e cliniche gestite da enti religiosi, oltre ai medici di territorio (cioè, di famiglia). Chiunque fosse stato su quelle ambulanze quella sera, pensò Julian
Donald, era in buone mani!
Soprattutto
se fosse capitato nel reparto della dottoressa Elizabeth Lauria.
Con uno scossone improvviso, che sembrò voler cacciare quel pensiero e quel nome dalla mente del giornalista inglese, l’autobus finalmente si mosse, prese velocità ed entrò nella strada statale. Julian si rilassò.
Sarebbe arrivato ad Akdara prima del tramonto.
(tratto da STORIE DELL'ISOLA DI G., copyright Grazia Musumeci 2023)
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