Storia di un Vulcanologo
Ci sono persone che ti restano impresse nella mente per l’energia che emanano. Salvo Caffo è una di queste persone. Fin da quando lavorava come dirigente vulcanologo presso Parco dell’Etna … facendo al contempo divulgazione e lavoro attivo sul territorio, con le scuole, le associazioni e le autorità politiche siciliane. Un lavoro, quello al Parco dell’Etna, che il dottore Caffo ha vissuto sempre pienamente, con passione. È stato infatti grazie al suo lavoro - e a quello dei suoi colleghi dello Staff UNESCO del Parco– che l’Etna è riuscita a entrare pienamente nel Patrimonio UNESCO, un riconoscimento prestigioso a livello internazionale, ottenuto con grandi sacrifici. E se in apparenza, al primo impatto, il dottore Caffo può sembrare troppo diretto, la sua profondità di pensiero stimola la curiosità a volerlo conoscere più da vicino. Per questo oggi l’ho intervistato per voi.
Perché ad un certo punto della vita hai deciso di diventare geologo/vulcanologo?
Le cose accadono e spesso non riusciamo a coglierne immediatamente il senso, finché non perveniamo ad una visione completa che si va delineando quando i vari pezzi del puzzle della vita si compongono.
Da bambino ho avuto un grande privilegio, ma ne ho avuto contezza solamente da adulto, quello di ascoltare il grande scienziato di levatura internazionale, prof. Alfred Rittmann mentre raccontava storie fantastiche sulla Sicilia, sull’Etna, sui Vulcani della Rift Valley in Africa orientale, durante le prove delle scarpe che mio padre gli realizzava su misura, nella bottega-negozio, in Piazza G. Verga a Catania, in cui ho trascorso la mia infanzia.
Aspettavo con ansia che quel signore elegantissimo e la sua splendida moglie, venissero a trovarci per poter assistere al rito delle storie che lui non disdegnava di spiegare a mio padre, calzolaio, e al suo giovanissimo figlio. Con parole dosate e misurate, ma dense di conoscenza, spiegava a noi, entrambi con cultura elementare, concetti veramente fuori dalla portata delle nostre conoscenze, riuscendo ad alimentare in entrambi la passione per la Geografia, l’Etna e soprattutto per la Geologia e la Vulcanologia.
Devo sicuramente a quel gigante la mia passione per lo studio delle Scienze della Terra e se mi sono laureato e specializzato in Geologia ed ho conseguito un dottorato di ricerca nazionale in Petrologia magmatica e Vulcanologia e diventato Professore di ruolo ordinario Scienze Naturali, Chimica e Geografia nei licei statali prima e Vulcanologo Dirigente del Parco dell’Etna, dopo.
Raccontami qualche aneddoto emozionante…
Nel 1971, durante l’eruzione laterale che colpì l’abitato di Fornazzo, ho seguito di nascosto il prof. Rittmann, senza che i miei genitori lo sapessero! Presi l’autobus per Zafferana etnea, avevo 11 anni e una volta giunto a Zafferana scesi in Piazza, era l’8 maggio, mi sistemai il piccolo zainetto e mi incamminai per Fornazzo e alla curva prima di Petrulli, mi fecero salire su una seicento per poi lasciarmi alla piazza di Milo. Da qui proseguii a piedi seguendo la gente, sperando di individuare il professor Rittmann che invece, come potei constatare dopo, si trovava al fronte.
Superata la segheria, entrai a Fornazzo da dove tutti invece ne uscivano, alcuni erano andati via lasciando le porte aperte, galline caricate sui camioncini assieme alle pecore, cani liberi che seguivano gli uomini e le altre bestie. Qualche macchina con a bordo signori con la giacca e signore col tacco e rossetto. Dietro la piazzetta la “terra” avanzava fumando sui boschi sepolti. Era alta, non proprio un fiume, che invece scorre basso. Era spessa, faceva volume, alzava il livello di decine di metri e schiacciava tutto, anche la strada per Linguaglossa. Rimasi fermo a guardare quanto nemmeno immaginavo. Odoravo il vapore di essiccamento della colata, ascoltavo il suono dell’avanzata, lenta, rotta, di massi in vetroso rotolamento.
Quella sera dell’8 maggio 1971, mi ha consentito di trovare la mia strada e la vita che ne sarebbe venuta.
Cosa ha influito, in seguito, sulla tua formazione?
Ho trascorso gli anni della formazione scolastica e universitaria andandomene in giro con i miei amici in escursione sull’Etna e imparando a conoscere questo straordinario territorio e soprattutto a vincere la paura di essere solo e lontano da casa. Alcuni di loro, iscritti al C.A.I., mi introdussero nel mondo della speleologia che praticai per anni. Le esperienze maturate durante il corso di studi in Scienze geologiche, i rilevamenti geologici, le analisi chimiche e minero-petrografiche mi abituarono al rigore e alla complessità dell’applicazione delle Leggi matematiche, fisiche e chimiche nello studio delle Scienze della Terra e conseguentemente dell’importanza della quantità oltre che della qualità quando si discute di Scienza.
Sin da studente universitario, sentivo l’esigenza di trasmettere le emozioni che mi aveva regalato il prof. Rittmann ed è stato quasi naturale studiare Scienze Geologiche, conseguire il Dottorato di Ricerca universitario in Petrologia magmatica, diventare professore di ruolo ordinario di Scienze Naturali e infine Vulcanologo del Parco dell’Etna e adesso come associato di ricerca presso l’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia: quasi una nemesi. Adesso racconto il mondo in cui viviamo cercando il coinvolgimento emotivo nel trattare argomenti scientifici che caratterizzano la nostra quotidianità e fondamentali ai fini di un corretto rapporto uomo-Natura.
La cosa che ami di più del tuo lavoro e la cosa che ami di meno?
Sono molte le cose che ho amato e continuo ad amare del mio essere geologo e specificatamente vulcanologo.
Innanzi tutto la possibilità di aver potuto approfondire le mie passioni e le mie curiosità accumulatesi nel corso degli anni da studente delle medie inferiori e superiori e grazie al mio girovagare per l’Etna entrando anche nelle sue viscere attraverso i tubi di scorrimento lavici e osservando i tanti sublimati che si generano al loro interno durante un’eruzione e osservando eventi vulcanici sin dal 1971. La possibiità di poter andare in giro per la Natura è l’essenza di questa professione e in tal senso
ancora adesso per poterlo continuare a fare, mi tengo in allenamento fisico, correndo e frequentando la palestra. Poter raccogliere rocce e poi sezionarle in laboratorio e studiarle al microscopio polarizzatore e successivamente analizzare le polveri in cui si riducono parti dei campioni rocciosi e analizzarle attraverso un’analisi diffrattometrica e attraverso la fluorescenza ai Raggi X e pertanto entrando all’interno del mondo dei minerali silicatici e non e degli elementi chimici che costituiscono le rocce vulcaniche e quelle sedimentarie e metamorfiche. In una sola parola direi, lo studio della Geologia e la specializzazione in vulcanologia mi ha consentito di imparare come poter rispondere alle tantissime domande che mi ponevo da giovane a proposito della genesi e dell’evoluzione dell’Etna e del suo paesaggio geologico. Ovviamente ci sono altre cose che mi piacciono come aver imparato cosa significa essere ignoranti ed avere tantissimi dubbi da dipanare. Non mi piace invece come si insegna adesso nelle università, non mi piace che nei licei non si studi approfonditamente la Geografia fisica e la Geologia del nostro pianeta, ma la cosa che più mi spiace è la mancanza di rispetto verso i giovani che si approcciano a questa stupenda scienza e si devono accontentare di fare altro in un paese che presenta tutte le tipologie di rischi naturali e antropici e dove la presenza del geologo potrebbe evitare danni economici enormi e soprattutto potrebbe aiutare a salvare vite umane attraverso un’attenta politica di gestione del territorio, soprattutto nei piccoli paesini montani e pedemontani dove si è alterato profondamente l’equilibrio naturale attraverso dissennate politiche finalizzate soprattutto alla realizzazione di infrastrutture e dei relativi servizi senza tenere conto della fragilità del territorio.
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Salvo Caffo (a sin.) con il vulcanologo John Murray |
ancora adesso per poterlo continuare a fare, mi tengo in allenamento fisico, correndo e frequentando la palestra. Poter raccogliere rocce e poi sezionarle in laboratorio e studiarle al microscopio polarizzatore e successivamente analizzare le polveri in cui si riducono parti dei campioni rocciosi e analizzarle attraverso un’analisi diffrattometrica e attraverso la fluorescenza ai Raggi X e pertanto entrando all’interno del mondo dei minerali silicatici e non e degli elementi chimici che costituiscono le rocce vulcaniche e quelle sedimentarie e metamorfiche. In una sola parola direi, lo studio della Geologia e la specializzazione in vulcanologia mi ha consentito di imparare come poter rispondere alle tantissime domande che mi ponevo da giovane a proposito della genesi e dell’evoluzione dell’Etna e del suo paesaggio geologico. Ovviamente ci sono altre cose che mi piacciono come aver imparato cosa significa essere ignoranti ed avere tantissimi dubbi da dipanare. Non mi piace invece come si insegna adesso nelle università, non mi piace che nei licei non si studi approfonditamente la Geografia fisica e la Geologia del nostro pianeta, ma la cosa che più mi spiace è la mancanza di rispetto verso i giovani che si approcciano a questa stupenda scienza e si devono accontentare di fare altro in un paese che presenta tutte le tipologie di rischi naturali e antropici e dove la presenza del geologo potrebbe evitare danni economici enormi e soprattutto potrebbe aiutare a salvare vite umane attraverso un’attenta politica di gestione del territorio, soprattutto nei piccoli paesini montani e pedemontani dove si è alterato profondamente l’equilibrio naturale attraverso dissennate politiche finalizzate soprattutto alla realizzazione di infrastrutture e dei relativi servizi senza tenere conto della fragilità del territorio.
L’esperienza al Parco dell’Etna: descrivila in 3 parole soltanto
Se dovessi descrivere la mia esperienza al Parco dell’Etna con solo tre parole direi: Opportunità, Responsabilità, Soddisfazioni
Secondo te cosa andrebbe migliorato nella gestione del Parco dell’Etna e chi dovrebbe farlo?
Per quanto ai più possa sembrare incredibile, il Parco, necessiterebbe di poche cose ma fondamentali. Innanzi tutto la presenza di un corpo di vigilanza dell’Ente Parco alle dipendenze dirette del Direttore come già previsto dal Decreto Istitutivo del Parco (D.P.R.S. n. 37/1987) e che prevedeva 70 guardie Parco, 15 Ispettori di Vigilanza e 7 Capizona (mai entrati in organico nonostante i concorsi e le visite mediche siano state espletate). Appare pleonastico dire che a distanza di quasi 40 anni ne servirebbero almeno il doppio e muniti di tutti gli strumenti e mezzi necessari per reprimere e mitigare i danni che le centinaia di migliaia di visitatori e fruitori determinano attraverso una fruizione non proprio compatibile con il territorio.
Secondariamente l’adeguamento del personale (al momento ne sono presenti 20 e mancano tutte le figure naturalistiche: naturalista, botanico, forestale, zoologo, geologo, vulcanologo, veterinario) da inserire nell’organico e costituito da giovani laureati, specializzati e conoscitori dell’Etna e che siano capaci di parlare e scrivere in inglese. Ovviamente servirebbero ingegneri, geometri, operai, tecnici informatici… .
Terza cosa da modificare, i regolamenti nel loro insieme adeguandoli alle mutate leggi di gestione del territorio, alla fruizione in un ambiente fortemente antropizzato, al contenimento del depauperamento del suolo, alla gestione forestale, all’agricoltura e alla produzioni di prodotti di eccellenza sia fruttiferi che vinicoli e alla tipologia di attività che ormai si sviluppano sul territorio ma senza controlli adeguati. A tutto ciò personalmente avrei da tempo accorpato l’Ente Parco dell’Etna con l’Azienda Foreste Demaniali nell’area etnea e il corpo Forestale a cui assegnare compiti di polizia ambientale con un adeguato numero di agenti, ispettori, commissari con funzioni anche di supporto alle guardie parco. Tuttavia, se ciò non e mai stato possibile prima, chiediamoci perché’ in altre regione e parchi, la forestale e le guardie parco lavorano fianco a fianco sotto la guida di un direttore generale del Parco che dovrebbe avere una non indifferente Cultura naturalistica, tecnica e amministrativa.
Ovviamente dato che stiamo parlando di un Parco regionale dovrebbe farlo la regione siciliana attraverso delle leggi mirate. Se poi consideriamo che un parco privo di mezzi fisici e soprattutto umane non è più in grado di espletare compiutamente la ragione della sua istituzione, anche in questo caso, un’osservazione non superficiale ma attenta farebbe comprendere che non basta l’abnegazione o il talento di pochi ma occorre una squadra di persone competenti e motivate e quindi finché si demanderà al Parco di risolvere questioni ataviche che dipendono da scelte politiche discutibili, non ne usciamo.
Infine ma non meno importante appare la creazione di spazi utilizzabili solo ed esclusivamente per attività di grande impatto ambientale per lo svolgimento di Gare particolari e soprattutto occorrerebbero degli stati generali in cui si possa decidere cosa fare di un parco di valenza ambientale e geologica planetario che sta lentamente scivolando nell’oblio sociale in assenza delle figure fondamentali: Botanico, Geologo, Vulcanologo, Naturalista, Forestale, Ingegnere naturalistico, Architetto ambientale.
Si può conciliare la vita del geologo con la vita familiare?
Come in tante professioni (penso ai chirurghi, ai piloti di aerei, di treni, di elicotteri, ai soccorritori, alle Forze dell’Ordine, ai militari, ai vigili del fuoco, ai turnisti di tante discipline, sanitarie, meccaniche, chimiche……) ci sono donne e uomini che svolgono questi importanti lavori con grande impatto sociale che riescono a formare famiglie e ad avere figli. Senza voler entrare nello specifico, dipende anche da come la società considera questi lavoratori e conseguentemente cosa fa per aiutarli quotidianamente e in generale. Non dimentichiamo che molti lavori richiedono studi e/o tanta applicazione e abnegazione e necessiterebbero in primis della considerazione sociale e poi di quella delle istituzioni. Salvare vite umane in primis!!! Ma non vorrei fare una dissertazione sociale e quindi riferita ai geologi o meglio ai vulcanologi non più di altre professioni. Ricordiamoci che non tutti hanno potuto fare ciò che desideravano ne avevano la possibilità di mantenersi agli studi. Riuscire a fare ciò che si è sempre desiderato ci permette di essere anche più felici e conseguentemente di poter avere una famiglia unita e solidale
Cosa significa per te l’Etna?
L’Etna significa le gite fuori Catania effettuate insieme ai miei genitori e mia sorella e, sin quando lo ha potuto fare, alla nonna materna, quindi significa famiglia. Significa escursioni alla ricerca delle grotte insieme agli amici del Gruppo Grotte del CAI e successive esercitazioni all’interno delle cavita reo-genetiche. Significa eruzioni vulcaniche e nottate fuori, significa Rifugi e avventure all’interno della Valle del Bove… ma per me significa anche Tesi di Laurea sperimentale, ricerca scientifica, test per Robot da inviare su Marte o sulla Luna, camminate e corse, sentieri e in una sola parola amicizie profonde.
Consigli ad un ragazzino che da grande vuol fare il geologo?
Vedi Grazia, il mondo è completamente cambiato e mentre la mia generazione si costruiva i giocattoli e stava perennemente fuori dopo aver fatto i compiti di scuola e soprattutto aveva un’immensa curiosità del mondo che non temeva adesso diventa difficile suggerire ad una ragazza o ad un ragazzo che stanno sempre e solamente attaccati ad un cellulare che li può collegare con il mondo, cosa consigliare per scegliere questa professione.
Quindi premesso che dipende da ognuno di noi, direi che molto proviene dalla famiglia, dalle abitudini, dalla cultura, dalle passioni dei genitori e soprattutto da insegnanti veramente capaci. Non è un caso che le Scienze cosiddette dure stanno attraversando da parecchio tempo una crisi severa e che sono sempre meno quelli che si iscrivono a Fisica o a Geologia e ancora meno quelli che si specializzano o conseguono un dottorato di ricerca universitario.
Personalmente quindi io consiglierei di coltivare la curiosità e la passione per gli elementi naturali: Aria, Acqua, Terra e Fuoco e per la Natura sensu latu.
TROVATE LA STESSA INTERVISTA- IN VERSIONE RIDOTTA -SUL SITO : https://www.go-etna.it/blog-etna/
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